Con sentenza 9265 del 25.10.2024, il Tribunale di Milano è tornato nuovamente ad occuparsi dei mutui con doppia indicizzazione Libor/CHF, commercializzati da Barclays Bank sin dai primi anni 2000.La sentenza in esame si pone nel solco di un orientamento piuttosto consolidato, che ritiene nulle alcune clausole contenute nei contratti di mutuo in questione, riproposti da Barclays Bank alla propria clientela nel corso degli anni con alcune varianti.
In precedenza, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con provvedimento n. 27214 del 13.06.2018 reso all’esito di procedimento ex art. 37 bis codice del consumo, aveva ritenuto nulle ed improduttive di effetti le principali clausole inserite nei contratti di mutuo, in quanto contrastanti con la normativa comunitaria e le disposizioni contenute nel codice del consumo.
Detto provvedimento è stato confermato dal TAR per il Lazio – sentenza del 25.03.2023 – R.G. 11033-2018 Reg. Ricorsi – a seguito del rigetto del ricorso interposto da Barclays.
Le motivazioni addotte dall’AGCOM nel citato provvedimento sono le seguenti:
“46. Le clausole descritte al paragrafo III del presente provvedimento appaiono in sé, in collegamento tra loro nonché nel contesto dell’intero contratto, per la loro formulazione non chiara e trasparente, contrarie all’articolo 35, comma 1, del Codice del Consumo, tenuto conto del fatto che risultano scarsamente intellegibili per il consumatore sia su un piano strettamente lessicale e grammaticale in merito al loro singolo contenuto sia alla luce del contesto complessivo del contratto nel quale sono inserite.
48. Le clausole di cui agli artt. 3, 4 e 5 della Vecchia Versione del contratto di mutuo e di cui agli artt. 4 e 4-bis della Nuova Versione del contratto in questione, relative ai meccanismi della doppia indicizzazione: finanziaria, riferita al tasso Libor CHF a 6 mesi e valutaria, riferita al tasso di cambio CHF/EURO e del deposito fruttifero, violano il principio di trasparenza, in quanto non sono redatte in maniera chiara e comprensibile. Tali clausole non espongono in maniera intellegibile il funzionamento dei meccanismi de quibus, e non indicano le operazioni aritmetiche alla base di questa duplice indicizzazione e relative al deposito fruttifero. In tal modo, le suddette clausole non informano il cliente che il piano di ammortamento costruito sulla base del tasso iniziale è solo indicativo, in quanto cambia nel tempo per effetto dei conguagli dovuti all’indicizzazione finanziaria e valutaria. Oscuro appare anche il rapporto di tali meccanismi con quelli prescritti da altre clausole relative al prodotto di mutuo de quo, in particolare quelle relative alle ipotesi di conversione del tasso indicizzato al Franco Svizzero (CHF) ad un tasso d’interesse riferito all’Euro e di estinzione anticipata del mutuo. Tutto ciò impedisce al consumatore di comprendere e valutare, sulla base di criteri precisi ed intellegibili, le conseguenze economiche che derivano dalle clausole e di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa e, di conseguenza, fare delle scelte consapevoli e corrette.
49. Alla luce delle considerazioni svolte, le clausole in esame risultano, per la loro formulazione non chiara e trasparente, contrarie all’articolo 35, comma 1, del Codice del Consumo.
50. La clausola di cui all’articolo 9 della Vecchia Versione del contratto di mutuo e di cui all’articolo 7 della Nuova Versione del contratto in questione, relativa all’ipotesi di richiesta di estinzione anticipata del mutuo, prevede che il calcolo dell’importo del capitale in Euro che il mutuatario intende restituire, i.e. il “capitale restituito”, sia articolato in due fasi: dapprima il “capitale restituito” è convertito in franchi svizzeri applicando il tasso convenzionale di cambio adottato al momento della stipula, fissato nel contratto; poi viene calcolata la somma in Euro dovuta dal mutuatario per estinguere il debito riconvertendo in Euro il “capitale restituito” adottando il tasso di cambio CHF/EURO esistente al momento dell’estinzione. La clausola in esame non espone in maniera intellegibile il funzionamento di tale meccanismo di conversione della valuta estera in quanto non indica le operazioni aritmetiche da eseguire per realizzare la descritta duplice conversione e non evidenzia il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole al prodotto di mutuo de quo, di modo che il consumatore sia in grado di comprendere e valutare, sulla base di criteri precisi ed intellegibili, le conseguenze economiche che da essa derivano e di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa e, di conseguenza, fare delle scelte consapevoli e corrette.
Tale clausola, inoltre, presenta anche l’utilizzo al suo interno dapprima della locuzione “capitale restituito”, con riferimento alla generale ipotesi dell’estinzione anticipata, totale o parziale, del mutuo, e successivamente la locuzione “debito residuo”, con riferimento allo specifico caso del rimborso totale del mutuo. Ciò può ingenerare nei mutuatari/consumatori confusione circa il calcolo da effettuare nei casi di specie, tenuto conto anche che la locuzione “capitale restituito” potrebbe essere intesa come riferita al capitale già restituito al momento della richiesta del consumatore e non a quello da restituirsi. L’argomentazione svolta da Barclays circa il fatto che la semplice lettura della clausola rende evidente che la locuzione “capitale restituito” non può che essere intesa come il “capitale che il cliente intende restituire” e che nessuna “confusione” può derivare dal successivo utilizzo del termine “debito residuo” non risulta fondata in quanto il significato letterale della locuzione “capitale restituito” può essere anche quello di capitale già restituito e non da restituirsi. Il professionista avrebbe dovuto ai fini del rispetto dei dettami di chiarezza e comprensibilità imposti dal legislatore nella redazione delle clausole contrattuali utilizzare per entrambe le ipotesi dell’estinzione anticipata, totale o parziale, locuzioni prive di qualsiasi ambiguità quali appunto “capitale che il cliente intende restituire”.
51. Alla luce delle considerazioni svolte, la clausola sopra descritta risulta, per la sua formulazione non chiara e trasparente, contraria all’articolo 35, comma 1, del Codice del Consumo.
52. La clausola di cui all’articolo 8 della Vecchia Versione del contratto di mutuo e di cui all’articolo 7-bis della Nuova Versione del contratto in questione, relativa all’ipotesi di conversione del tasso riferito al Franco Svizzero (CHF) ad un tasso d’interesse riferito all’Euro, non è redatta in modo chiaro, nel senso di intelligibile non solo su un piano di comprensibilità linguistica, ma anche sul piano informativo nel senso che il consumatore sia posto in grado di comprendere e valutare, come sopra rilevato per la precedente clausola, sul fondamento di criteri precisi ed intelligibili, gli effetti che la stessa produce sul piano economico e di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa e, di conseguenza, fare delle scelte consapevoli e corrette.
53. Alla luce delle considerazioni svolte, la clausola sopra descritta risulta, per la sua formulazione non chiara e trasparente, contraria all’articolo35, comma 1, del Codice del Consumo.
54. In conclusione, le clausole sopra analizzate anche lette alla luce del contesto complessivo del contratto nel quale sono inserite non espongono in modo trasparente il funzionamento concreto dei citati meccanismi della doppia indicizzazione: finanziaria e valutaria, del deposito fruttifero e di rivalutazione monetaria caratterizzanti il prodotto di mutuo fondiario indicizzato al Franco Svizzero (CHF) con tasso Libor. Tale scarsa intelligibilità circa il funzionamento di questi meccanismi determina la circostanza per la quale al momento della sottoscrizione del contratto il consumatore non viene reso edotto in merito ai rischi di interesse e di cambio nei quali può incorrere durante il rapporto contrattuale e in fase di conclusione, anticipata o entro i termini del medesimo, ed ai loro effetti sul piano di rimborso del debito; tali rischi possono risultare di rilevante entità, determinando ad esempio la lievitazione del capitale da restituire sino a valori superiori a quello iniziale anche diverso tempo dopo l’avvio dei rimborsi.
55. Si tenga conto, poi, che a comprova del difetto di chiarezza e trasparenza che contraddistingue le clausole in questione vi è la circostanza che la Banca ha ritenuto necessario inviare le due comunicazioni informative degli anni 2013 e 2015, come dalla stessa dichiarato, per illustrare nuovamente le caratteristiche e il meccanismo di indicizzazione del Mutuo CHF-Libor e per sottolineare gli effetti negativi (in termini di capitale da restituire) dell’apprezzamento del Franco Svizzero (CHF) sull’Euro.
Va altresì evidenziato come, in seguito all’emanazione del provvedimento AGCOM n. 27214 del 13.06.2018, anche la Suprema Corte sia intervenuta su una controversia attinente ad contratto di mutuo con doppia indicizzazione Libor/CHF stipulato con Barclays (sentenza n. 23655 del 31.08.2021), sancendo che:
“Alla valutazione di non chiarezza e comprensibilità della clausole del testo contrattuale emessa dal Garante deve perciò essere attribuito un valore privilegiato nel giudizio civile fra il privato e il professionista relativo alle stesse clausole; tale valutazione, cioè, deve essere ritenuta presuntivamente corretta nel giudizio civile, in difetto di una specifica confutazione da parte del giudice, tanto più necessaria ove – come in questa fattispecie a giudizio – il dissenso sulla chiarezza e comprensibilità attenga proprio al contenuto del testo documentale valutato dall’AGCOM e non si fondi invece su elementi di fatto ulteriori attinenti allo specifico rapporto fra professionista e consumatore.
Si tratta di una presunzione legale, pur suscettibile di prova contraria, non sancita espressamente dalla legge ma desunta dal sistema e in particolare dalla funzione stessa nel nostro ordinamento assegnata agli strumenti di public enforcement, analoga nella sua matrice a quella ravvisata dalla più recente giurisprudenza di questa Corte in tema di nesso causale fra inadempimento informativo dell’intermediario finanziario e pregiudizio subito dall’investitore. (Sez. 1, n. 16126 del 28/07/2020, Rv. 658562 – 01; Sez. 1, n. 9460 del 22/05/2020, Rv. 657682 – 01).”
E’ così intervenuta la sentenza del Tribunale di Milano n.9265 del 25.10.2024 che ha, innanzitutto, accertato come vi sia stata ambiguità nella documentazione precontrattuale fornita dalla Banca ai mutuatari e ciò anche in considerazione del fatto che la Banca, errando, riportava nei fogli informativi la seguente descrizione del mutuo: “Struttura e funzione economica del mutuo”: “Il debitore rimborserà il mutuo mediante pagamento periodico di rate comprensive di capitale ed interessi secondo un tasso variabile indicizzato al Franco svizzero”.
A fronte di ciò il giudice rilevava che detto riquadro, in quanto collocato per primo e per argomento, rivestiva importanza cruciale e, ciò nonostante “nulla viene detto ai fini della trasparenza ma al contrario la prestazione del mutuatario viene descritta solo come un (apparentemente ed ordinario) mutuo a tasso variabile perché indicizzato al Franco svizzero; tuttavia, il tasso variabile non è indicizzato al franco svizzero ma al LIBOR che è un tasso londinese; qui emerge una confusionaria crasi perché si introduce un richiamo -ma errato- al franco svizzero che però non indicizza il tasso di interesse ma trasforma (prevalentemente il capitale e poi anche la parte di rateo rappresentata dalla somma versata a titolo di interessi quantificati al Libor)”.
Ed ancora: “Il principio di buona fede e correttezza (che impone che l’informazione vada plasmata sulle capacità del destinatario) -in virtù del principio di solidarietà contrattuale che implica un facere nei limiti dell’esigibile (art. 2 Cost.)- esige che l’informazione sia vera, precisa e completa sui meccanismi, non volutamente resa ambigua o difficile ed equivocabile.
Ugualmente, per quanto concerne le possibili conseguenze delle pattuizioni, l’obbligo di trasparenza bancaria e consumeristico esige che l’informazione non sia generica e indefinita; a riguardo, i numeri contano di più delle parole; un esempio, sull’impatto di un aumento del tasso di cambio sul vero potenziale debito residuo (ossia anche sul capitale) sarebbe stata l’informazione necessaria per far accorgere il consumatore mutuatario del passo che stava compiendo (così anche TAR Lazio cit); l’avvertimento deve essere disvelante il pericolo e non camuffarlo o rimanere fra il detto e non detto; deve essere chiarificatore, didattico e didascalico; maieutico e non sottile ed evanescente e sfumato”.
Riguardo alle clausole n.4 e 7 (interessi ed estinzione anticipata), il Tribunale di Milano è ugualmente tranchant.
Si riportano i seguenti passaggi: “Dalla visione e lettura dell’art. 4 emerge quanto segue. In primo luogo, la rubrica della clausola contrattuale “Interessi” inganna in quanto non disciplina solo gli interessi; in realtà, parla anche della rivalutazione del capitale tempo per tempo restituito. La parola “capitale” appare per la prima volta solo all’ottavo capoverso e in una locuzione dal contenuto ambiguo; ciò rappresenta un evidente filtro comunicativo di oscurità rispetto alla comprensibilità e inequivocità che deve caratterizzare un testo contrattuale destinato ai consumatori.
Una clausola contrattuale disciplinante oggetti (interessi e capitale) diversi diventa ingiustificatamente lunga (due pagine dattiloscritte) tale che ne rende già solo faticosa la lettura. La virtuosa tecnica di suddividere in articoli diversi argomenti diversi non è stata seguita mentre avrebbe agevolato la comunicazione e quindi la comprensione e allora sì sarebbe stato in linea con il principio di trasparenza e con gli obblighi di correttezza e buona fede contrattuale.
Il concetto di trasparenza comunitario impone un rigore di coerenza del titolo della clausola pattizia con il suo contenuto; ma anche la buona fede contrattuale impone che non si crei ambiguità in un testo contrattuale, lì ove vi è una asimmetria informativa. Pertanto, se si parla di interessi non si conviene alcunché sulla rivalutazione del capitale; non si salta dal primo al secondo comma dal parlare di interessi al parlare di capitale per poi tornare a parlare di interessi e infine riparlare (senza mai citarne il termine chiaro di “capitale”) ancora di capitale.
A seguire, l’ulteriore pattuizione di qualcosa di contraddittorio e di per sé ambiguo in un mutuo in euro ossia la trasformazione di quanto mutuato in euro in un controvalore monetario in franco svizzero nonostante non si sia concluso un mutuo in valuta estera ma solo indicizzato al Libor (che non è il franco svizzero).
Inoltre, del tutto incomprensibile è tale pattuizione: “La differenza così determinata sarà applicata all’equivalente in Franchi Svizzeri (calcolato al “tasso di cambio convenzionale”) di quanto liquidato alla parte mutuataria in linea capitale ed interessi nel corso dei sei mesi che precedono le date del giorno 1 giugno e del giorno 1 dicembre” (qui compare per la prima volta la parola capitale). Non si riesce a capire subito a quale differenza faccia riferimento, visto che nei due periodi precedenti parla di due diverse differenze e poi vi è un a capo.
Leggendo la consulenza tecnica di ufficio disposta per capire il funzionamento di questo mutuo e anche leggendo la lettera della Barclays del 2013 -lì sì chiara ed esplicativa del funzionamento del mutuo-, si capisce che trattasi di “somma algebrica delle rivalutazioni descritte nei punti 1 e 2” e quindi al più de “la differenza delle differenze” (non “la differenza così determinata”). È evidente che la assoluta e voluta incomprensibilità del testo rende impossibile capire quale fosse la propria obbligazione assunta. Ma l’incomprensibilità di tale periodo riguarda anche la individuazione della base imponibile di questa operazione: tali singole differenze di tasso di interesse e di tasso di cambio dovrebbero essere applicate a “quanto liquidato alla parte mutuataria in linea capitale ed interessi nel corso dei sei mesi che precedono…”. Nulla è liquidato semestralmente “alla parte mutuataria”. Se per liquidare indichiamo corrispondere, il prestito è corrisposto all’inizio e la banca non liquida interessi al mutuatario. Diverso -ma di significato opposto alle parole usate e quindi assolutamente oscuro e non trasparente o cristallino come devono essere le clausole predisposte in un contratto con un consumatore o in un contratto rispettoso degli obblighi informativi del diritto civile classico- è applicare tali differenze agli importi versati “dal” (e non “al”) mutuatario per capitale e interesse nel semestre precedente. Ma questa interpretazione non è evincibile dal suo opposto se non con uno sforzo che non compete al consumatore (e più genericamente al mutuatario) al momento della conclusione del contratto.
La contraddittorietà e ambiguità aumenta se si pensa che nell’incipit della norma è espressamente pattuito che si tratti di un mutuo in euro e poi invece si pattuisce un complesso metodo per dare un valore dei pagamenti in euro in altra moneta in maniera, quindi, del tutto antitetica rispetto a come palesemente pattuito ad inizio dell’articolo contrattuale.
Sull’articolo 7: “Quanto all’art. 7, anche qui la tecnica di redazione è la stessa. Articolo lunghissimo: 17 capoversi. La conversione in franchi e la riconversione in euro è spiegata di nuovo in maniera discorsiva mentre è spiegato il calcolo per calcolare il costo del 3%. Quindi, dalla differente formulazione della stessa clausola, ove si è voluto far capire effettivamente quali operazioni matematiche vadano svolte per calcolare un certo importo, si è indicate le basi imponibili e operazioni stesse; ove non si è voluto (ossia in questa conversione finale), non lo si è fatto.
Infine, sulla ambiguità di questo articolo, pesa quanto già la giurisprudenza ha più volte illustrato ossia la base imponibile del capitale “restituito” invece del capitale “residuo” nonché la ulteriore conversione degli arretrati (già previamente convertiti periodicamente) rende del tutto oscura e confusa la clausola, tale da rendere impossibile capire l’impegno economico assunto”.
La pronuncia del Tribunale di Milano fa altresì luce sul fatto che tutti i contratti di mutuo conclusi da Barclays non fossero stati oggetto di trattativa individuale.
La motivazione assunta dal Tribunale di Milano, che si condivide integralmente, è la seguente: “Che queste clausole non siano state oggetto di trattativa individuale è evidente per il fatto che sono identiche in molteplici rapporti conclusi a distanza di 4 anni e sono altresì identiche a formulari conclusi fino a quasi dieci anni successivi come emerge dalla pronuncia dell’AGCM; né comunque risulta dedotto dalla banca che tali clausole siano state oggetto di trattativa individuale”.
In conclusione, richiamato l’art. 4 della Direttiva Comunitaria n. 93/2013, così come la pronuncia della Corte di giustizia UE n. 776/2021 e la precedente del 30. 4. 2014 (CAUSA C-26/13, Kasler), il giudice meneghino confermava il carattere abusivo delle clausole prese in esame, atteso che: “Le clausole avrebbero dovuto chiarire apertamente e in un articolo ad hoc che il mutuo appariva in euro ma era sostanzialmente in franchi svizzeri, tale per cui sia durante l’ammortamento che in sede di estinzione anticipata le somme versate dal mutuatario a titolo di capitale ed interessi dovranno sempre essere convertite in franchi svizzeri con un evidente aggravio di rischio rispetto al solo tasso variabile”.
Anche il Tribunale di Torino, con sentenza n. 3325 del 31.07.2023, ha accertato che nel contratto di mutuo oggetto di causa e nella documentazione precontrattuale fornita ai clienti non fosse stato presentato in modo adeguato il funzionamento delle clausole di estinzione anticipata (7) e di conversione in Euro (7bis).
Si riporta uno stralcio delle motivazioni: “Iniziando dalla parte II del documento di sintesi (“Principali clausole contrattuali non aventi contenuto economico”, sub doc. 1 att. pag. 12), si registra una palese incongruenza, percepibile anche ictu oculi per il diverso spazio occupato nella pagina, tra il grado di precisione e dettaglio con cui viene descritta l’applicazione del meccanismo di “doppia indicizzazione” alle rate di rimborso (“Criteri di indicizzazione e modalità di calcolo del conguaglio per interessi e tasso”) e la povertà informativa che riguarda invece i due eventi terminativi del rapporto, i.e. l’estinzione anticipata e la conversione a un mutuo in euro.
L’estinzione anticipata viene liquidata in meno di due righe: “il mutuatario ha facoltà di estinguere anticipatamente il mutuo, in tutto o in parte (purché non inferiore al 20% del capitale erogato), dando preavviso di 60 giorni”. L’applicazione al capitale restituito della variazione del cambio CHF/Eur, evidentemente di ben maggior peso rispetto al dettaglio tecnico del preavviso, è ignorata. Sottaciuta è anche la possibilità di utilizzare le giacenze del conto deposito per la riduzione del debito, come è consentito dall’art. 4bis.
La conversione è trattata sotto sotto la rubrica “esercizio di opzioni”. Il documento spiega genericamente in che cosa consiste (“Parte mutuataria ha facoltà di optare per la conversione del Mutuo Franchi Svizzeri con altro prodotto tra quelli offerti dalla banca al momento della conversione alle condizioni applicate in quel momento alla propria clientela”) e si sofferma su un dettaglio (“dando preavviso di 60 giorni”),
omettendo pur in tal caso elementi fondamentali, cioè l’applicazione al debito residuo della variazione del cambio e la liquidazione del deposito a riduzione del debito residuo.
L’opacità non è riscattata dalla lettura dei “Criteri di indicizzazione ecc.”, che rispecchiano l’art. 4 senza andare oltre e quindi trattano esclusivamente dell’indicizzazione finanziaria sugli interessi e valutaria sulle rate del mutuo in ammortamento: “il mutuo è indicizzato al Franco svizzero. Fermo restando il piano di ammortamento, semestralmente (giugno e dicembre) la Banca procederà alla determinazione del conguaglio per interessi e tasso di cambio sulle rate relative al semestre.
L’eventuale differenza tra gli interessi calcolati al tasso di interesse convenzionale e gli interessi effettivamente dovuti in base al tasso l’eventuale differenza tra il tasso di cambio convenzionale Franco svizzero euro quello rilevato la differenza così determinata sarà applicata all’equivalente in franchi svizzeri (calcolato al tasso di cambio convenzionale) di quanto liquidato alla parte mutuataria in linea capitale ed interessi nel corso dei sei mesi, o frazione, che precedono le date del 1 giugno e del 1 dicembre”. Il deposito fruttifero è un elemento importante del contratto in caso di estinzione anticipata totale o conversione, visto che la giacenza positiva alleggerisce l’onere del mutuatario, riducendo il debito per capitale (vedi artt. 4bis e 7bis), ma il tema è pressoché ignorato nel documento di sintesi, dove il conto deposito viene così presentato: “ha natura accessoria al contratto di mutuo. Tasso applicato T.U.R. (tasso ufficiale di riferimento) – 1%”. Poco di più è scritto nella sezione “Criteri di indicizzazione ecc.” che rispecchia l’art. 4 e quindi considera soltanto l’addebito e accredito del conguaglio semestrale sulle rate in ammortamento: “In caso di conguaglio positivo l’importo sarà accreditato su apposito deposito fruttifero in caso di conguaglio negativo l’importo verrà addebitato suddetto deposito sino alla capienza del saldo disponibile e per l’eventuale differenza sulla prima rata a scadere del piano di ammortamento”.
Parte I non porta contributi di chiarezza, semmai completa l’opera di disinformazione, visto che il capitale (“importo finanziato”) è espresso esclusivamente in euro, senza che sia indicato il “tasso di cambio CHF/Euro convenzionale”, che invece risulta indispensabile, visto che il mutuo è indicizzato non soltanto per la quota interessi, ma anche per il capitale. L’indicizzazione del mutuo e il tasso di cambio convenzionale si trovano nella sezione “Tassi di interesse” (“Tasso variabile – rata costante –indicizzato in Franchi Svizzeri”): l’informazione in sé non è sbagliata, ma è incompleta e fuorviante, perché l’indicizzazione riguarda anche la determinazione della prestazione di rimborso del capitale, così come è incompleta e fuorviante la rubrica dell’art. 4”.
Sulla scorta di quanto già accertato dall’AGCOM, e confermato anche dalle richiamate pronunce delle corti di merito e legittimità, è verosimile attendersi un esito positivo dei giudizi nei confronti di Barclays, atteso che le predette clausole risultano formulate in termini ambigui ed incomprensibili al consumatore medio, determinando un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.