Con sentenza n. 32148 del 12.12.2024, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema dell’applicabilità del procedimento di riscossione a mezzo cartella esattoriale nei confronti del soggetto finanziato e del terzo fideiussore, respingendo il ricorso avanzato dal destinatario della cartella esattoriale, con condanna alle spese del ricorrente sia in favore del soggetto finanziatore, Mediocredito Centrale, sia in favore dell’Agenzia Entrate-Riscossione.

 

Sulla scorta di quanto dedotto dal ricorrente, il Supremo Collegio prende in esame le seguenti  norme:

 

  • 9 del Decreto legislativo – 31.03.1998 n.123
  • 8-bis, comma 3, del D.L. n. 3 del 2015, convertito dalla legge n. 33 del 2015.

 

L’art. 9 del Decreto legislativo 31.03.1998 n.123, rubricato, “Revoca dei benefìci e sanzioni”  dispone che, in caso di revoca degli benefici, per il recupero delle somme oggetto di restituzione, nonché delle somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni credito si possa procedere con l’iscrizione al ruolo, ai sensi dell’articolo 67, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43.

 

L’art. 8 bis del D.L. 3/2015, stabilisce che il diritto alla restituzione, nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie, delle somme liquidate a titolo di perdite dal Fondo di garanzia di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l’efficacia del privilegio non sono subordinate al consenso delle parti. Al recupero del predetto credito si procede mediante iscrizione a ruolo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni.

 

Orbene, a fronte della dedotta inapplicabilità dell’art. 9 del D.Lgs. 123/1998 alla fattispecie dell’inadempimento del mutuatario alla restituzione del prestito (e quindi non alla revoca prevista dalla norma), così come della irretroattività dell’art.. 8-bis, comma 3, del D.L. n. 3 del 2015, la Suprema Corte statuisce quante segue:

 

  • In tema di interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia pubblica, in capo al gestore del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, ex n. 662 del 1996, che ha soddisfatto il finanziatore, surrogandosi ad esso, sorge un diritto restitutorio di natura pubblicistica privilegiata, non più volto al recupero del credito di diritto comune originato dal primigenio finanziamento, bensì mirato a riacquisire risorse pubbliche alla diponibilità del Fondo;

 

  • è applicabile la procedura di riscossione coattiva dei crediti cc.dd. agevolati, ex art. 17 del D.Lgs. 146 del 1999, anche nei confronti dei terzi prestatori di garanzie, ai sensi dell’art. 8-bis, comma 3, del D.L. n. 3 del 2015, conv. con modif. dalla L. n. 33 del 2015, pur se il credito sia sorto prima dell’entrata in vigore della norma, atteso che tale disposizione non è di interpretazione autentica, né innovativa, ma meramente ripetitiva e confermativa del regime già vigente;

 

  • “Il privilegio previsto, dall’ 9, comma 5, del D.Lgs. n. 123 del 1998, per i crediti dello Stato per la restituzione dei “finanziamenti” erogati, trova applicazione anche per gli interventi di sostegno pubblico erogati in forma di concessione di garanzia, stante la finalità pubblicistica che connota il D.Lgs. n. 123 del 1998 e il carattere unitario, sotto il profilo funzionale, delle diverse misure agevolative ivi contemplate, e si estende al credito del gestore del Fondo di garanzia che, a seguito di escussione, soddisfa il finanziatore, il quale, peraltro, non originando da un’erogazione diretta da parte dell’Amministrazione statale di somme di danaro nelle mani del beneficiario, ma dal pagamento dell’istituto di credito che aveva erogato il finanziamento al beneficiario, sorge per effetto del solo pagamento, non occorrendo un provvedimento di revoca della concessione del finanziamento.

Altro aspetto rilevante attiene al fatto che, con la sentenza in commento, la Suprema Corte sconfessa un proprio, recente, orientamento, statuendo che, in applicazione della regola generale ex art. 2745 c.c., la prelazione (con la correlata facoltà di impiegare la procedura di riscossione coattiva per il recupero nei confronti del soggetto nei confronti del beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie) sorge in ragione della causa del credito, quale sua caratteristica genetica, non già al momento o in ragione dell’inadempimento: conseguentemente, il credito di Mediocredito Centrale è privilegiato ab origine (cioè, sin dalla sua insorgenza), anche se diviene esigibile in caso di revoca del beneficio o di inadempimento del beneficiario finale.

L’orientamento di cui all’ordinanza n. 33369 del 30.11.2023, secondo la quale l’insorgenza del privilegio sarebbe da ricollegarsi al momento del pagamento da parte del Mediocredito Centrale alla Banca finanziatrice è quindi superato dal nuovo arresto della Suprema Corte, con la conseguenza che:

 

  • in caso di revoca del beneficio, così come in caso di inadempimento, è applicabile il procedimento di riscossione mediante cartella esattoriale;
  • il procedimento di riscossione mediante cartella esattoriale può essere utilizzato anche nei confronti del terzo fideiussore;
  • a nulla rileva il fatto che il beneficio sia stato concesso anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 8-bis, comma 3, del D.L. n. 3 del 2015, convertito con modifiche dalla L. n. 33 del 20.